Pubblichiamo ampi stralci dell'articolo del compagno Giuliano Cappellini (Direzione Provinciale PdCI Lodi) pubblicata su "Gramsci Oggi" che ringraziamo calorosamente.
PdCI Lodi
A
quali condizioni del lavoro si riferiscono le riforme di Renzi?
Se nel nostro paese gli imprenditori si fossero
conformati da molto tempo ad una prassi di rispetto della dignità del
lavoratore e, dunque, non usassero l’arbitrio nei licenziamenti individuali, si
potrebbe pensare che l’articolo 18 è una norma obsoleta che potrebbe essere
cancellata, non foss’altro che per rispetto ad una categoria (gli imprenditori)
di cittadini coscienziosi. Ma la realtà è un’altra ed il degrado raggiunto nei rapporti
reali di lavoro dovrebbe essere ormai monitorato da un’apposita indagine conoscitiva
parlamentare, sia perché l’ultima si riferisce alle condizioni del lavoro subordinato di circa 50 anni fa, sia
perché senza un’indagine conoscitiva, la riforma Renzi che cancella l’art. 18 sembra
rispondere solo ad una paranoia ideologica.
La liquidazione delle
tutele dello Statuto dei Lavoratori non umilia solo gli operai e gli impiegati,
ma crea una situazione pesante anche per la forza lavoro intellettuale e
manageriale di più alto grado. Per non parlare dei laureati impiegati nei call
center, conosciamo casi di valenti giovani manager dai quali dipendono
letteralmente le sorti di piccole-medie aziende industriali pagati con stipendi
di 1500 euro al mese (gli imprenditori, invece fanno la raccolta di automobili
di lusso…) e di aziende che intendono promuovere i loro prodotti in Estremo
Oriente ma che fanno pagare di tasca propria ai giovani laureati i viaggi nei
paesi dove si devono recare. (.....)
Sacrifici per superare la recessione economica o per sempre?
Ma, si dice, bisogna
prendere atto delle condizioni economiche in cui si trova il paese dentro una
recessione economica e si deve accettare il fatto che, per superare queste
contingenze, i lavoratori devono
necessariamente subire una pressione incredibile fino a qualche decennio fa.
E si dice anche che col sacrificio delle tutele, peraltro non generalizzate,
dei lavoratori e con la repressione sindacale sarà possibile attirare in Italia
investimenti stranieri o invogliare investimenti autoctoni. Tesi questa, degna
della demagogia di un millantatore come Renzi, che se vi fosse in essa una
traccia di verità scientifica, le tutele del lavoro dovrebbero, al massimo,
essere solo sospese come misura temporanea fintantoché non si fossero verificati
gli obiettivi economici sperati, salvo ripristinarli, se l’evidenza mostrasse
che tali obiettivi non si ottengono in questo modo. Scherzi del fanatismo
ideologico, si preferisce invece cancellarle per sempre con “riforme” che ci
riportano al medioevo. (....)
La
sfida della caduta del saggio di profitto
Mette, però, il caso di ricordare che l’automazione
dei processi di produzione ai quali, nella continua competizione economica, l’industria
capitalista non può sottrarsi, è alla base del noto fenomeno della caduta del
saggio di profitto, giacché se “libera” la produzione dalla forza lavoro umana per
diminuire il valore di scambio delle merci, il profitto dipende pur sempre dalla
quantità di lavoro non pagato ai lavoratori, ed è, quindi, destinato a decrescere
quando il loro numero decresce. Il capitalismo contrasta il fenomeno in diversi modi, generalmente non
decisivi. Naturalmente si serve della stretta sui salari e sulle condizioni di
sfruttamento del lavoro umano, ma tenta anche la strategia di più largo respiro
centrata sull’intenzione di diminuire i
suoi impegni sul versante delle produzioni di massa in cui più massiccio è stato il ricorso all’innovazione tecnologica
e che, dunque, impiegano un numero calante di addetti per unità di prodotto.
Nel più classico dei modi (cfr. “Salario
prezzo e profitto”, Marx, 1865), spostando cioè, gli investimenti dalla
produzione di merci “popolari” a quelli di qualità maggiore, se non del lusso. (....)
Come
la borghesia riesce a superare la crisi?
Spostare gli investimenti verso l’industria
dei consumi di lusso a scapito dei consumi di massa rimette in gioco non solo
l’asse dello stato assistenziale o di quel che ne resta, ma anche la condizione
di vita delle grandi masse che sono costrette a fruire di certe “comodità” per
vivere e lavorare. L’automobile per esempio. Ma l’obiettivo potrebbe essere
ancora più ambizioso tale cioè da colpire altri settori vitali. Se si cerca di
rimettere in moto il profitto e questo richiede 1) di concentrarsi sulle
produzioni di lusso e, 2) di ridurre l’occupazione per favorire la crescita di
un esercito strutturale della manodopera di riserva per impedire ai salari
degli occupati di aumentare, allora l’intervento deve essere a tutto campo e
colpire a fondo anche i settori che magari hanno beneficiato della tecnologia
per aumentare la qualità, l’agroalimentare e le sue industrie di
trasformazione, ad esempio. Un modo, anche questo di distruggere una certa
quantità di quelle forze produttive il cui sviluppo ad un certo punto si
ritorce contro la società borghese. “Con
quale mezzo, scrivevano Marx ed Engels nel Manifesto, riesce la borghesia a superare le crisi? Per un certo verso,
distruggendo forzatamente una grande quantità di forze produttive …” (.....)
La sfida di fondo che gli USA lanciano
alla Cina è quello di provare ad incrinare l’economia di un paese la cui
risorsa principale è l’abbondanza di manodopera, non intensamente sfruttata in
processi industriali a relativamente basso impiego di tecnologie. Questa
condizione favorisce i profitti delle aziende private (anche straniere) e, soprattutto
dello Stato cinese. Di contro il capitalismo monopolistico americano intende vincere
la sfida procedendo ad una maggior automazione dei processi industriali, pur
conscio dei pericoli cui va incontro il sistema economico (l’imperialismo
americano, invece, si concentra sul controllo delle materie prime, delle fonti
energetiche, nonché su quello finanziario e militare su scala globale, per
creare ulteriori intoppi allo sviluppo economico della Cina). Fatto si è che la
Cina non meccanizza l’agricoltura, anche per non incentivare la fuga dalle
campagne, ciò nonostante l’agricoltura cinese copre alla grande il fabbisogno
alimentare di 1,4 miliardi di cinesi!
Il governo Renzi taglia le tasse alle
imprese con un’ulteriore stretta sullo stato assistenziale al quale sottrae
risorse in modo indiscriminato. Del grazioso regalo di un governo la cui forza
principale è il PD, Confindustria ringrazia e, con i risparmi sulle tasse, il grande
capitalismo conta di procedere ancora più celermente a quelle trasformazioni
che abbiamo sopra delineato. Le riforme di Renzi non produrranno nessun nuovo
posto di lavoro, e questo lo hanno capito tutti, ma non contrastano in alcun
modo il disegno strategico di trasferire ogni risorsa nelle produzioni di lusso,
per soddisfare il mercato dei ricchi. Tali riforme, incentivano, dunque, nel
medio temine la disoccupazione e la formazione di un esercito della manodopera
di riserva con inedite caratteristiche strutturali. Per la classe operaia la
questione dell’articolo 18 non è solo una questione di difesa della dignità di
lavoratori nei rapporti di lavoro, ma un indicatore dell’asprezza di uno
scontro la cui posta sono il lavoro e le condizioni di vita delle masse
lavoratrici. Di questa realtà si sono dovuti convincere i settori decisivi del
movimento operaio, CGIL in testa. L’ineluttabile crisi dei rapporti tra il
movimento sindacale ed il PD, un partito in cui le crepe sono sempre più
evidenti, libera forze importanti per la ripresa della lotta del proletariato,
di qualche importante settore dei ceti medi (insegnanti, pubblico impiego,
ecc.), dei giovani e dei disoccupati. Naturalmente il movimento sociale sconta trent’anni
di inerzia e di codismo del movimento operaio, che ha coperto le politiche di
destra del PD, ciò non toglie, tuttavia, il valore eccezionale del suo
risveglio ad una lotta che sarà inarrestabile, anche se ci vorranno tempo e tanta
determinazione per portare a casa dei risultati.
Buon giorno FIOM, ben ritrovata CGIL,
ora la sinistra di classe deve giocare le sue carte, in primo luogo chiarendo
al proletariato le vere cause della crisi economica e gli immondi giochi che si
sviluppano alle sue spalle.